Serve un new deal

Giorgio La Malfa 27 Aprile 2017

Tre fattori cruciali consentirono al mondo di uscire dalla crisi del 29 più rapidamente di quanto non sia avvenuto dopo il 2007. Il primo fu l’elezione, nel 1932, alla presidenza degli Stati Uniti di una grande personalità politica come Roosevelt. Questo pose fine all’inerzia delle amministrazioni repubblicane dopo il 29 con la creazione della Nra e con lo straordinario programma di investimenti pubblici del New Deal, il cui simbolo fu la Tennessee Valley Authority.

Roosevelt impose inoltre alle banche, con il Glass-Stegall Act, la separazione fra credito a breve e credito a medio e lungo termine, la cui abrogazione, negli anni di Clinton, ha favorito la diffusione tossica dei derivati e la corsa alla speculazione bancaria. Il secondo fattore fu la straordinaria influenza di John Maynard Keynes che, soprattutto con la sua Teoria generale dell’occupazione del ’36, scardinò l’ortodossia dei bilanci in pareggio e diede il fondamento intellettuale alle politiche pubbliche di sostegno alla ripresa.

Il terzo fattore furono i programmi di riarmo militare che partirono un po’ in tutti i Paesi come conseguenza dell’avvento di Hitler in Germania.

Dopo il 2007 gli Stati Uniti hanno usato il deficit pubblico e questo spiega che siano usciti abbastanza rapidamente dalla crisi. Ma l’Europa è rimasta ferma all’ortodossia finanziaria, anche perché è alle prese con l’esperimento tanto coraggioso, quanta azzardato della moneta unica. Non c’è, è ovvio, da avere nostalgia per la mancanza di programmi di riarmo, ma si sarebbero ben potuti usare, in Europa, con più coraggio, gli investimenti pubblici invece di lasciare lievitare la protesta popolare che si manifesta in tutte le elezioni.

Oggi c’è il rischio che anche i timidi tentativi di questi anni di mettere un freno alle follie bancarie vengano spazzati via dalla presidenza Trump, con il rischio di esporre il mondo, ancor prima che si sia usciti del tutto alla crisi, ai rischi della speculazione e ai crolli inevitabili che essa porta con sé.

Giorgio La Malfa
La Nazione, 25 aprile 2017

Condividi

Correlati