Anche se usciamo dalla moneta unica la benzina non volerà alle stelle

Alberto Bagnai 15 April 2014

«Se uscissimo dall’euro i prezzi della benzina non esploderebbero come minacciano i paladini del fronte “difendi l’euro a tutti i costi”, semmai da 1,7 al litro si passerebbe a 1,9. Circa il 10% in più, sicuramente meno di quanto pagavamo solo due estati fa grazie al continuo ritocco della accise».

Alberto Bagnai, è professore associato di Politica economica all’Università di Chieti. Ma, soprattutto, uno dei pochi a non considerare un dogma teologico il solo ipotizzare un abbandono dell’euro da parte dei Paesi aderenti, Italia in testa. E a chi prefigura sfaceli e scenari postnucleari replica con slide, studi econometrici e una buona dose di buon senso. E, soprattutto, consiglia di non farsi abbindolare dalla paura diffusa «dai gufi che prospettano scenari apocalittici». Dalla crisi, dice, «si esce in due modi».

Professore, partiamo dalle cose semplici: sarebbe così terribile per noi, ma anche per il resto del Sud d’Europa che arranca in questa crisi-pantano, abbandonare l’euro? La benzina aumenterebbe veramente di “sette volte”?

«Ma per carità. Al massimo l’aumento oggi sarebbe del 10%. Non dimentichiamoci che una componente chiave è quella di tasse e accise. Poi c’è il costo industriale, certo, e quindi l’acquisto del petrolio in dollari. Anche nello scenario apocalittico che il dollaro ci costasse del 40% in più la benzina aumenterebbe del 10%. E siccome Monti ha aumentato le accise ripetute volte nel suo mandato neppure sfioreremmo i 2 euro che toccammo quell’estate famosa. Dato il prezzo di oggi (circa 1,7 al litro) si potrebbe ragionevolmente arrivare a 1,9. E poi vista la componente di imposte si potrebbe abbondantemente compensare l’aumento del prezzo alla pompa riducendo le accise che contribuiscono per quasi il 70%. Non bisogna abboccare a tutto quello che ci raccontano».

Altro tema forte dei paladini dell’euro a tutti i costi è che, senza l’unica valuta europea, i prezzi delle case crollerebbero…

«E perché quello che sta succedendo oggi nel mercato immobiliare cosa sarebbe? I proprietari di case sono virtualmente ricchi, però per incassare devono accettare di contenere, e di molto, le pretese, e quindi abbassare notevolmente il prezzo di vendita. La nostra ricchezza è letteralmente soffocata. E’ più che plausibile una nuova bolla immobiliare a breve…».

Senza dimenticare che tra giugno e dicembre arriverà la nuova Tasi che si annuncia salata…

«E infatti c’è da aspettarsi entro l’autunno un nuovo pesante ribasso per le quotazioni del mattone. Tra tasse, stretta del credito e incertezza chi vuole comprare temporeggia, chi vuole vendere abbassa i prezzi…».

Insomma, dobbiamo aspettarci l’esplosione di una bolla immobiliare?

«Si può ragionevolmente immaginare per dopo l’estate un calo ulteriore del mercato. Basta aspettare qualche mese per rendersene conto…».

Sì, va bene. Ma come se ne esce?

«La scorsa settimana abbiamo radunato economisti di sette Paesi differenti. Badi bene: di orientamento diverso tra loro, dal liberale al marxista. E tutti concordano che è necessario un riallineamento del cambio per uscire dalla politica dell’austerità. Altrimenti per riprenderci ci vorranno dai 15 ai 20 anni».

E l’euro che fine farà?

«È necessario tornare ad una flessibilità nord-sud. Ma il punto di arrivo sarebbe ristabilire le singole valute nazionali. Però, politicamente, un doppio euro (per il Nord e il Sud) sarebbe un passo politicamente più accettabile».

Intervista di Antonio Castro ad Alberto Bagnai
Libero, 15 aprile 2014

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