La ministra è ignorante o in malafede: almeno ora dovrebbe scusarsi

Pier Paolo Dal Monte 15 Novembre 2016

Solo ieri ci è capitato di ascoltare, con un certo sbigottimento, le dichiarazioni della ministra Boschi che, qualche giorno fa su Raiuno, decantava le “magnifiche sorti e progressive” che recherà all’Italia la modifica costituzionale sulla quale si terrà il referendum del 4 dicembre. Durante Uno mattina, la suddetta ministra se n’è uscita con le seguenti parole: «Oggi non c’è lo stesso diritto per ciascun cittadino di qualunque Regione di accedere allo stesso tipo di cure. Ad esempio in termini di cure per malattie molto gravi come il tumore». Con questa frase intendeva dire che la Costituzione vigente comporti una notevole disparità tra i cittadini di regioni diverse per ciò che riguarda la cura di malattie gravi. Non una disparità per così dire “incidentale”, è quasi impossibile avere un’omogeneità di cure perfetta, ma una vera e propria disparità “strutturale”, dovuta proprio alla Costituzione vigente. Per questo motivo, la ministra auspicava la modifica del punto “m” dell’articolo 117 della Costituzione per modificare le competenze di Stato e Regioni in materia di sanità.

Troviamo piuttosto singolare che una ministra della Repubblica possa spingersi a pronunciare simili corbellerie, pur comprendendo che l’umana vanità possa renderla bramosa di promuovere, con ogni mezzo, un complesso di modifiche costituzionali che reca il suo nome. A difesa delle scempiaggini della giovine ministra, è intervenuto immediatamente il foglio del partito a cui essa appartiene, l’Unità: «Il nuovo Articolo 117 consentirà allo stato di stabilire le ‘disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare’ (…). Che cosa significa questo? Semplicemente la possibilità per lo Stato di fissare standard e requisiti di qualità uniformi a livello nazionale, visto che attualmente questo non succede». Eppure, se si ha la pazienza di scorrere un poco il testo della Costituzione, appena un po’ più avanti, all’articolo 120, è facile smentire queste incaute affermazioni: «Il governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni […] quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali».

Si capisce, pertanto che, sia la ministra che il foglio di partito, a questo proposito, siano stati piuttosto imprecisi (se in buona fede), oppure francamente mendaci (se in mala fede) in quanto la successiva legge attuativa della riforma costituzionale (la 131 del 2003) recita chiaramente, al comma 6, che: «Il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l’armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni».  Per ciò che riguarda le cure della salute il primo “Piano Sanitario Nazionale” stilato dopo le modifiche al Titolo V della Costituzione del 2001, attribuisce al ministero della Salute il compito di garantire a tutti l’equità, la qualità, l’efficienza e la trasparenza del sistema (Piano Sanitario Nazionale 2003-2005). A tal proposito, il Dpcm 29 novembre 2001 aveva previsto uno strumento per garantire l’equità delle cure definendo i “Livelli Essenziali di Assistenza” (Lea) a livello nazionale. Il compito di aggiornarli progressivamente è stato affidato alla “Commissione nazionale per la definizione e l’aggiornamento dei Lea garantiti ai cittadini”, composta da esperti di designazione ministeriale e regionale. Naturalmente dai Lea, al contrario di ciò che sembra dire la ministra, non sono escluse le patologie oncologiche, il cui trattamento è disciplinato anche da linee guida nazionali e internazionali.

Comprendiamo bene che la moderna propaganda usi tutte le armi, in particolar modo il terrorismo mediatico (basti citare le piaghe bibliche in caso di Brexit), tuttavia, in questo caso, ci sembra veramente di cattivo gusto giocare sulle paure delle persone, paventando una carenza di cure nelle patologie neoplastiche qualora non vengano approvate le modifiche costituzionali che, incidentalmente, portano il nome della ministra dall’eloquio imprudente. Le scuse sarebbero il minimo.

Pier Paolo Dal Monte
Il Fatto Quotidiano, 9 novembre 2016

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