L’ultima edizione dei Conti Economici Trimestrali, diffusa il 1° dicembre 2015, indica come nei primi tre trimestri del 2015 il commercio con l’estero abbia fornito un contributo netto negativo alla crescita del paese. Come mostra la tabella:
Elaborata a partire dai dati ISTAT, la crescita del Pil nei primi tre trimestri del 2015 è stata dello 0.5% rispetto ai primi tre trimestri del 2014.
In termini assoluti, il contributo maggiore alla crescita complessiva è venuto dai consumi, che con una crescita dello 0.7% (da 924 a 930 miliardi di euro) hanno espresso un contributo alla crescita pari a 0.5 punti percentuali (poco più del 100% del totale).
Le esportazioni nette, viceversa, sono diminuite del 3.3% (da 34 a 33 miliardi), contribuendo per -0.1 punti percentuali al totale, ovvero sottraendo al risultato complessivo il 19.7%.
Questo dato può sembrare anomalo, visto che nel periodo corrispondente l’euro si è svalutato in media del 18% rispetto al dollaro (il che avrebbe dovuto in teoria stimolare il nostro commercio con l’estero). In realtà, i fatti confermano la previsione emessa da a/simmetrie nel giugno 2014, in uno studio successivamente pubblicato da Applied Economics Quarterly, secondo cui la svalutazione dell’euro non avrebbe apportato sensibili benefici alla crescita italiana.
Questo perché, in assenza di un riallineamento dei cambi all’interno dell’Eurozona (che presuppone l’evoluzione verso nuove valute nazionali), nel medio periodo le maggiori entrate derivanti dalle accresciute esportazioni verso i mercati terzi vengono compensate da maggiori pagamenti per l’acquisto di beni importati dai paesi dell’Eurozona.
In sintesi, il sistema paese spende in Germania quello che guadagna negli Stati Uniti e nei paesi emergenti, con un beneficio netto che inizialmente è addirittura negativo.