Quelle critiche della politica alla Banca d’Italia

Giorgio La Malfa 2 Giugno 2017

Non è certo la prima volta, nella sua lunga storia, che la Banca d’Italia si deve difendere da attacchi politici. In anni lontani, quando essa aveva la responsabilità piena della politica monetaria, le Considerazioni finali del Governatore erano spesso precedute e seguite da risposte polemiche da parte delle parti sociali, se il problema era l’inflazione, dei partiti di opposizione se la Banca proponeva politiche troppo severe o di quelli di governo se ad essere oggetto di rilievi erano le politiche di bilancio e gli eccessi della spesa pubblica. Normalmente la Banca d’Italia evitava di rispondere direttamente alle critiche e si limitava, nelle Considerazioni finali e nelle altre uscite pubbliche del Governatore, a spiegare e a motivare le proprie posizioni.

Quest’anno è avvenuto qualcosa di diverso e di inatteso. In questi mesi le critiche alla Banca d’Italia non hanno investito gli indirizzi di politica economica, anche perché essa ormai è solo parte di un processo decisionale che si svolge a livello europeo. Esse hanno riguardato la responsabilità per le condizioni di crisi del sistema bancario in generale e alcune specifiche aziende di credito finite in gravi difficoltà. Così, a tre quarti della sua relazione, il Governatore ha abbandonato il testo stampato spiegando, prima di leggere alcune pagine aggiuntive, che «la Banca d’Italia negli ultimi anni è stata criticata anche in maniera aspra, siamo stati accusati di non aver capito cosa accadeva o di essere intervenuti troppo tardi. Non sta a me giudicare, posso solo dire che l’impegno del direttorio è stato massimo».

Ovviamente Visco non ha detto da chi erano venute le critiche, ma si sa che esse sono state spesso ispirate direttamente dagli ambienti del governo. Forse non di quello attuale, ma certo di quello che immediatamente lo ha preceduto. Di qui la risposta, dura e esplicita, tanto più significativa in quanto avvenuta alla presenza dell’ex governatore della Banca d’Italia e attuale presidente della Bce, Mario Draghi. Le risposte sono state essenzialmente due. Circa l’attività interna Visco ha dato il numero delle ispezioni compiute, delle sanzioni comminate agli amministratori nei casi in cui si erano riscontrate responsabilità e soprattutto di avere segnalato alle autorità giudiziarie, «anche nel corso delle ispezioni stesse» le situazioni irregolari che essa aveva constatato. Dunque essa ha rivendicato di avere fatto la propria parte.

Quanto al delicato problema dei crediti deteriorati delle banche, Visco ha ricordato di aver proposto per tempo la costituzione di una bad bank di sistema in cui potessero essere raccolti i crediti in sofferenza, lasciando intendere che, se non si era proceduto in questa direzione, è perché altri, cioè governo e Parlamento, che avrebbero dovuto predisporre gli strumenti di legge, non lo hanno fatto. Ha aggiunto: «Non c’è stata piena consapevolezza anche al livello politico» dei rischi derivanti dalle norme sul bail in e della vendita, che era «del tutto legittima» secondo le norme, delle obbligazioni subordinate delle quattro banche finite in risoluzione.

Ha anche ribadito le critiche all’assetto della vigilanza europea, dove – ha detto – sono necessari gli accordi di troppe autorità diverse, spesso non in sintonia fra loro. Ha aggiunto che il problema delle crisi bancarie è un problema ricorrente nella storia d’Italia ed ha citato i casi Sindona, Banco Ambrosiano negli anni ‘70, poi le crisi degli istituti a medio termine, poi il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia. In quei casi – ha detto – si procedette con rapidità perché la rapidità è essenziale in questi casi per evitare il dilagare della sfiducia. Oggi – ha spiegato – è difficile procedere con questa speditezza con il rischio non indifferente che le crisi si aggravino e diventino crisi di fiducia dei risparmiatori.

Difesa convincente? La risposta è nel complesso affermativa. È stata evidente, in questi anni, la preoccupazione del governo di evitare che il tema delle crisi bancarie entrasse nella sua agenda. Ma – come dice giustamente Visco – si tratta di problemi di governo, anche perché la lunghezza della crisi economica ha trasformato delle difficoltà che avrebbero potuto essere affrontare in maniera ordinaria in gravi problemi di sistema. Questa, dunque, è stata la novità di quest’anno e la parte più significativa della relazione del Governatore. Per il resto, cioè per il quadro economico, Visco ha detto con grande chiarezza quale è il problema italiano: «Agli attuali ritmi di crescita il Pil tornerebbe sui livelli del 2007 nella prima metà del prossimo decennio», cioè fra il 2020 e il 2025.

Dopo una simile constatazione, che appare in una delle prime pagine della Relazione, ci si sarebbe aspettati un’indicazione più netta sulla necessità di imprimere una svolta radicale agli indirizzi di politica economica europea e italiana. E invece, qui la Banca d’Italia si è mantenuta sulle affermazioni di carattere generale: ha dato l’impressione che sia possibile coltivare insieme una ripresa più forte e una riduzione del debito pubblico a condizione di «rivedere la composizione delle spese e delle entrate». Ha aggiunto che si può «dare maggior spazio agli investimenti pubblici, riconsiderando la struttura dei trasferimenti e delle agevolazioni ed esenzioni fiscali, ribilanciando l’onere che grava sulle diverse basi imponibili, proseguendo con forza nell’azione del contrasto all’evasione».

La Banca d’Italia pensa davvero che azioni di questo genere darebbero una spinta così significativa alla ripresa da consentire di aggredire il problema della disoccupazione e del Mezzogiorno, di cui Visco ha parlato in termini giustamente preoccupati? Oppure ritiene che la fragilità della posizione finanziaria italiana, dato il livello del debito pubblico, di fatto non consenta alcuna politica incisiva? Questa parte della relazione è nel complesso insoddisfacente. Può darsi che questo tipo di interventi possano servire a qualcosa: ma che essi sarebbero tali da accorciare significativamente il tempo del ritorno ai livelli del 2007, non ci è sembrato che neppure Visco lo credesse pienamente.

Ma forse, oggi, il problema della Banca d’Italia era il primo del quale abbiamo parlato. E su quello non possiamo che essere dalla sua parte.

Giorgio La Malfa
Il Mattino, 1 giugno 2017

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