Caro Lars, ho letto con interesse ma senza sorpresa la tua affermazione sul «Corriere della Sera» del 19 scorso secondo cui nel 2016 l’Italia dovrà affidarsi alla Troika. Conosco le tue posizioni da quando ti invitai al convegno sull’Eurozona organizzato l’aprile scorso dal think tank a/simmetrie: i paesi del Sud sono in una crisi di debito pubblico causata dalla loro scarsa competitività, cioè dal fatto di avere salari privati troppo alti (ma che c’entra il debito pubblico coi salari privati?); dato che il deficit è brutto, il surplus è bello, quindi la Germania non deve cooperare e chi è in crisi deve fare i compiti a casa (ma se nessuno fosse in deficit, come farebbe la Germania a essere in surplus?). Con questi presupposti, è ovvio che tu ti opponga allo schema europeo di assicurazione dei depositi (EDIS, European Deposit Insurance Scheme), offrendoci, in alternativa, il ricorso alla Troika.
La strada giusta verso l’unione, per l’élite tedesca cui appartieni, non è attenuare i rischi creando istituzioni che li mutualizzino, ma alzare l’asticella a chi è in difficoltà. Un darwinismo che non porta da nessuna parte, come l’agonia della Grecia dimostra. Oggi perfino il CEPR, vestale dell’ortodossia, scopre quanto avevamo scritto nel Tramonto dell’euro: il debito pubblico, con la crisi, c’entra poco. Peter Bofinger, membro del CEPR e tuo collega nel collegio degli esperti della Merkel, ha detto il 30 novembre scorso un’altra cosa che sapevamo (perché l’ILO, agenzia dell’ONU, l’aveva detta nel 2012): il successo tedesco non è dovuto alle virtù della finanza pubblica, ma alla “moderazione salariale”. Pagando relativamente di meno lavoratori relativamente più produttivi la Germania ha trionfato sui mercati esteri.
Così facendo, però, ha costretto gli acquirenti esteri a indebitarsi per acquistare beni tedeschi. Le banche del Nord, per sostenere l’industria nazionale, cioè i profitti nazionali (visto che i salari erano “moderati”), hanno finanziato con grande disinvoltura gli acquirenti esteri di beni nazionali. Finanziare i consumi, però, non è sempre una buona idea: alla fine, il governo tedesco ha dovuto spendere più di 250 miliardi di aiuti di Stato per salvare le sue banche. A noi, invece, è stato vietato di spenderne quattro, e c’è scappato il morto: primo dato non scontato di questa triste storia. Quando Renzi, insediandosi alla presidenza del semestre europeo, ha giustamente osservato che la Germania era stata la prima a sforare il parametro del 3% nel 2003, non credo sapesse il vero motivo di questa violazione: finanziare con oltre 90 miliardi di soldi pubblici l’abbattimento del costo del lavoro (tramite riduzione del cuneo fiscale e misure di sostegno ai redditi troppo “moderati” dalle riforme Hartz).
Un primo aiuto di Stato, distorsivo della concorrenza, seguito durante la crisi da un secondo, gigantesco: i 250 miliardi di cui parlavo. Tu dici: “Allora erano necessari per evitare il contagio, ma oggi lo Stato italiano non deve intervenire, perché forse non ci sarà panico”. Scusa, Lars! Cosa vuoi che provochi, se non panico, il rifiuto di procedere verso l’EDIS, unito a quello di farci aiutare da soli le nostre banche? La sfiducia verso le banche si sta diffondendo a macchia d’olio, e non è escluso si arrivi a una corsa agli sportelli. Ma soprattutto, caro Lars, menzionando la Troika hai scatenato un panico più pericoloso per voi: quello delle nostre élite. Finché il “ce lo chiede l’Europa” serviva a tagliare i nostri stipendi e le nostre pensioni, ai nostri piani alti erano d’accordo. Ma tu ci sei andato giù duro, e gli hai fatto capire che da oggi il “ce lo chiede l’Europa” serve a espropriarli delle loro banche e del loro potere, via commissariamento della Troika. E questo ai nostri leader piace molto di meno! Improvvisamente Renzi vuole “uscire dalla cultura della subalternità”, Patuelli invoca parità di trattamento per il sistema bancario italiano, Bankitalia si lamenta, per bocca di Barbagallo, dei vostri “nein”.
Chissà se Renzi accetterà di essere “berlusconizzato” a colpi di spread? E se lo fosse, siamo sicuri che l’elettorato benpensante, la nostra “sinistra lompo”, non comincerà a porsi domande sul progetto europeo? Qualche curiosità gliela fai venire tu, quando dici che sì, voi avete appena salvato la Nordbank per tre miliardi, ma che c’entra: lì l’azionista non potevi colpirlo col bail-in, perché è pubblico! Ah sì!? Quindi mentre al Sud privatizziamo per “fare le riforme”, nel paese moralizzatore par excellence il 45% del sistema bancario è in mano pubblica, incluse Landesbanken e Sparkassen, piene di crediti deteriorati che però sfuggono alla vigilanza europea, costruita su misura per ignorare 1697 piccole banche tedesche, che al bisogno vengono salvate con soldi pubblici “perché l’azionista è pubblico”.
Ma allora, forse, un’alternativa alla Troika c’è: fare come la Germania, nazionalizzare le banche. Se lo fate voi che siete bravi! Il problema è che in Europa la legge è uguale per tutti, ma più uguale per il più forte. Ti ringrazio di averlo ricordato al mio governo, che spero ne tragga le debite conclusioni. Lo avrai, caro Lars, il bail-in che pretendi da noi italiani ma con che moneta si salderà a deciderlo tocca a noi.
Alberto Bagnai
Il Fatto Quotidiano, 23 dicembre 2015