Le Pen & co. Sono le urne, altro che populismo

Alberto Bagnai 28 Maggio 2014

Non vorrei sembrare riduttivo, ma credo che il risultato delle elezioni europee (Le Pen, Ukip) possa essere letto alla luce di tre citazioni.

Krugman (Fortune, 1998): «il pericolo immediato ed evidente è che l’Europa diventi “giapponese”: che scivoli inesorabilmente nella deflazione, e che quando i banchieri centrali alla fine decideranno di allentare la tensione sarà troppo tardi».

Draghi (Ansa, 21 novembre 2013): «non c’è un rischio deflazione e con la ripresa ci attendiamo che l’inflazione ritorni vicino al 2%».

Draghi (Ansa, 27 maggio 2014): «Siamo consapevoli dei rischi di un periodo troppo lungo di bassa inflazione”, “sono fiducioso, riporteremo l’inflazione vicina ma al di sotto del 2% come da mandato».

Ops! Sta succedendo quanto previsto da Krugman. E voi direte: sì, ma questa è economia, che c’entra con la politica? Lo spiega Draghi, che richiesto di pronunciarsi sulla possibilità di avere un obiettivo di inflazione più alto, risponde testuale: “non voglio neanche pensare” cosa significherebbe per la Germania. Ma questo ce lo ha spiegato Tobias Piller, corrispondente della «FAZ», intervistato da TgCom24 l’8 novembre 2013: da creditore, la Germania teme l’inflazione, perché questa diluirebbe il valore dei suoi crediti.

I suoi interessi, come Piller ammette con onestà, “sono opposti” a quelli dei paesi del Sud, che avrebbero bisogno di più crescita e inflazione per rientrare più in fretta dai propri debiti. Ecco cosa c’entra la politica: caro Draghi, che te ne importa di quello che direbbe la Germania di un target di inflazione più alto? Quel target non è mica nei Trattati: è deciso dalla Bce. Allora ammetti che la Bce non è indipendente? Che non persegue un comune interesse?

Ecco, questo è il problema politico: la Bce, Banca centrale di nessuno Stato, parteggia per uno Stato membro dell’Eurozona i cui interessi sono opposti a quelli degli altri tre più grandi: Francia, Spagna, Italia. I cittadini europei sono stanchi di istituzioni sovranazionali (come la Bce e la Commissione) e governi nazionali che agiscono per conto (anche se non in nome) della Germania. Era previsto (non solo da Krugman) che l’interesse dello Stato più forte collidesse con quello della maggioranza degli europei.

Ora i nodi stanno venendo al pettine. È la democrazia, bellezza! Tu chiamala, se vuoi, populismo.

Alberto Bagnai
Il Fatto Quotidiano, 28 maggio 2014

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