A sorpresa, domenica 2 aprile 2023 l’OPEC+, con l’Arabia Saudita in testa, ha deciso di tagliare la produzione di greggio per 1,15 milioni di barili al giorno a partire dal prossimo maggio, provocando un’impennata dei prezzi e suscitando inquietudine sul mercato. Le notevoli riduzioni dei sauditi (-500mila barili al giorno) si aggiungono a quelle annunciate da Kuwait, Emirati Arabi, Algeria ed altri, che assommano a 649mila barili al giorno, per un totale di 1,149 milioni di barili al giorno. I tagli volontari dureranno fino alla fine del 2023. Al proposito, il ministro dell’Energia arabo ha sottolineato che «si tratta di una misura precauzionale per salvaguardare la stabilità del mercato del petrolio». La Russia ha poi comunicato che il taglio già deciso di 500mila barili al giorno, in vigore da marzo fino a giugno, sarà prolungato fino alla fine del 2023. In totale, quindi, l’offerta si restringerà di 1,65 milioni di barili al giorno nella seconda parte dell’anno.
Con una domanda di petrolio stimata attorno ai 100 milioni di barili al giorno, si tratta di un calo del 1,65%, in un mercato in cui il prezzo medio del petrolio Brent nei primi tre mesi del 2023 è stato attorno agli 80 dollari al barile. Gli Stati Uniti non l’hanno presa bene. John Kirby, membro del National Security Council, ha affermato che la Casa Bianca dissente dalla decisione dell’Opec+: «Non crediamo sia consigliabile un taglio della produzione in questo momento, date le incertezze sul mercato. Eravamo stati chiari su questo».
Dopo la notizia, all’apertura delle contrattazioni il Brent è salito del 6% rispetto alla chiusura della settimana scorsa e ha toccato un massimo a 86,44 $/bbl, per poi assestarsi su valori poco più bassi.
Nonostante la sorpresa, una mossa dei produttori in realtà era da attendersi, prima o poi, dato che la nuova dottrina adottata dal cartello prevede di anticipare il mercato per evitare di subire perdite. Se così è, evidentemente i produttori vedono avvicinarsi un calo della domanda e cercano di massimizzare nel breve per compensare l’effetto futuro. In effetti, la decisione di Mohammed bin Salman, il principe saudita vero dominus del cartello di produttori, è una sorta di whatever it takes petrolifero, con il quale i sauditi manifestano l’intenzione di operare sui prezzi in modo da trarne vantaggio, senza molti riguardi per le preoccupazioni americane. Anzi, le ultime mosse dei sauditi sono orientate proprio a tenere alti i prezzi del petrolio per finanziare le colossali iniziative decise dal principe, tra cui una città iper-tecnologica in pieno deserto grande trenta volte New York e un’area turistica grande come l’intera Albania, che unirà 22 isole naturali ospitando 48 resort di lusso, 8.000 camere di albergo e 1.300 proprietà immobiliari.
Il taglio della produzione deciso dall’Opec+ rappresenta in ogni caso un sonoro schiaffo all’Occidente. In primo luogo perché, in costanza di condizioni a contorno, la manovra dell’OPEC+ comporterà una tendenza dei prezzi a restare sopra gli 80 dollari, considerato che il grosso della ripresa di domanda cinese non si è ancora riversato sul mercato. Questo avrà un impatto sui prezzi al consumo di beni e servizi, soprattutto nell’Eurozona, dove l’inflazione resterà alta nonostante le azioni della Banca Centrale Europea. La strategia di quest’ultima di contenere l’inflazione tramite rialzi dei tassi di interesse incontra a questo punto un ulteriore ostacolo e potrebbe provocare lo scivolamento dell’Eurozona in una recessione.
In secondo luogo, la spinta al rialzo dei prezzi del greggio avrà un impatto anche sul petrolio russo, che fuori dal circuito occidentale (ormai molto ampio) dovrebbe portarsi sopra il price cap fissato dal G7 e dunque incassare di più nonostante le sanzioni. Al momento, in effetti, l’unico vero ostacolo alla crescita dell’export russo di petrolio è costituito dalla mancanza di petroliere.
Infine, la decisione dell’Opec+ ha un impatto anche sulle scorte strategiche americane, che l’amministrazione guidata da Joe Biden ha portato ai minimi dal 1983 (371 milioni di barili) e che necessita di essere ricostituita celermente. Proprio la settimana scorsa Jennifer Granholm, segretario per l’energia dell’amministrazione Biden, aveva lasciato intendere che nella seconda parte dell’anno gli USA avrebbero ricostituito la riserva strategica. Ora la Casa Bianca dovrà sborsare più del previsto. In questa chiave il taglio Opec+ assomiglia molto ad un tempestivo dispetto.
Il taglio alla produzione di petrolio deciso dall’OPEC+ non è però l’unica cattiva notizia per Washington. La Cina, infatti, è stata molto abile nell’introdursi in un negoziato tra Arabia Saudita e Iran, già avviato da tempo grazie a Iraq e Oman. La riapertura delle relazioni diplomatiche sancita il 10 marzo è avvenuta a Pechino, con la Cina che ha potuto così intestarsi il ruolo di tessitore di pace tra i due grandi paesi, che avevano congelato i rapporti nel 2016. I negoziati dovranno proseguire, anche perché l’accordo al momento non contiene nulla di sostanziale, dunque è possibile che la Cina estenda il proprio operato di mediatore anche su temi caldi come il nucleare iraniano. Il fatto che due potenze regionali come Arabia Saudita e Iran si parlino anziché dedicarsi a scaramucce locali preoccupa Washington, a maggior ragione se la Cina proietta la sua ombra sui negoziati.
A questo accresciuto ruolo cinese fa da supporto la notizia secondo cui l’Arabia Saudita starebbe valutando se e come accettare yuan quale valuta di pagamento per il petrolio esportato in Cina, al posto del dollaro americano. Inoltre, il maggior produttore russo Rosneft ha annunciato un patto con il più grande raffinatore indiano (Indian Oil), che prevede la consegna di 11 milioni di barili al mese di greggio Urals e Sokol. Il prezzo della fornitura sarà a sconto rispetto al petrolio Dubai e non al Brent, come di solito avviene. Una decisione importante, questa, che indebolisce il riferimento europeo e rafforza quello orientale. In concreto ciò significa minore peso delle piazze finanziarie europee dove si tratta il Brent. «Se il petrolio russo non entra nel mercato europeo, allora in Europa non c’è un prezzo di riferimento. I prezzi di riferimento si formeranno dove andranno effettivamente i volumi di petrolio» ha detto Igor Sechin, stretto sodale di Vladimir Putin e da anni alla guida di Rosneft. L’accordo prevede, più avanti, anche il pagamento in valute diverse dal dollaro.
Infine, il Giappone avrebbe convinto gli Stati Uniti a fare un’eccezione al price cap sul petrolio russo, concedendo a Tokyo di comprare il greggio russo ad un prezzo superiore ai 60 dollari, oggi stabiliti come massimo. In realtà, si tratterebbe di quantitativi marginali, legati agli accordi esistenti sul LNG dall’isola di Sakhalin. Ma certo la crepa nel fronte alleato non è un bel segnale per la Casa Bianca.
Da tutto ciò si ricava una sensazione netta: più l’Occidente raccolto attorno a Washington radicalizza le proprie posizioni, più l’area asiatica si organizza, si estende e si unisce, anche creando nuovi assi geopolitici. La guerra in Ucraina, con tutti i suoi portati, sta imprimendo un’accelerazione inusitata a quello spostamento ad oriente del baricentro mondiale che a molti osservatori sembra ormai inevitabile.
Fonti
48th Meeting of the Joint Ministerial Monitoring Committee, Organization of the Petroleum Exporting Countries, 03 April 2023. https://www.opec.org/opec_web/en/press_room/7120.htm
Intervening in oil market mechanisms leads to additional oil cuts, Russian News Agency, April 2023. https://tass.com/economy/1598685
White House got ‘heads up’ on OPEC cut plans, disagrees with move: US official, Alarabiya News, April 2023. https://english.alarabiya.net/business/energy/2023/04/03/White-House-got-heads-up-on-OPEC-cut-plans-disagrees-with-move-US-official-
Ardemagni E., Arabia Saudita-Iran: un accordo ancora tutto da scrivere, Affari Internazionali, Marzo 2023. https://www.affarinternazionali.it/arabia-saudita-iran-un-accordo-ancora-tutto-da-scrivere/
Said S., Kalin S., Saudi Arabia Considers Accepting Yuan Instead of Dollars for Chinese Oil Sales, The Wall Street Journal, March 2022. https://www.wsj.com/articles/saudi-arabia-considers-accepting-yuan-instead-of-dollars-for-chinese-oil-sales-11647351541
Indian Oil Corporation Signs Deal With Russia’s Rosneft To Raise Oil Imports, Outlook Business & Money, March 2023. https://business.outlookindia.com/news/indian-oil-corporation-signs-deal-with-russia-s-rosneft-to-raise-oil-imports-news-274520
Landers P., Japan Breaks With U.S. Allies, Buys Russian Oil at Prices Above Cap, The Wall Street Journal, April 2023. https://www.wsj.com/articles/japan-breaks-with-u-s-allies-buys-russian-oil-at-prices-above-cap-1395accb