Ci si chiede spesso cosa spinga i francesi a votare per Marine Le Pen. Una spiegazione ricorrente è “la rabbia”: la rabbia dei cittadini contro gli immigrati, le minoranze, i musulmani, ecc. Ciò dipende dal fatto che i media propendono a classificare il Front National fra i partiti xenofobi e razzisti.
Questo punto di vista è rafforzato dal fatto che i candidati che hanno preso più voti al primo turno, Emmanuel Macron e Marine Le Pen, hanno due posizioni molto diverse sull’immigrazione. Tuttavia, essi differiscono molto anche sul piano economico. Macron, in continuità con i suoi predecessori di “destra” e di “sinistra”, propone un programma in linea con l’agenda “neoliberale” che prevede una “liberalizzazione” del mercato del lavoro e una riduzione del ruolo dello Stato nell’economia. Marine Le Pen, al contrario, propugna un ruolo più attivo dello Stato nella creazione di posti di lavoro e nella protezione delle industrie nazionali. È quindi interessante osservare in dettaglio il ruolo di queste due dimensioni – immigrazione e economia – nelle dinamiche elettorali francesi, per cercare di individuare quale sia quella determinante.
Per rispondere a questa domanda, si può cominciare con l’analizzare le condizioni socioeconomiche dei dipartimenti francesi, confrontandole con i risultati del primo turno delle presidenziali. Marine Le Pen ha ottenuto una percentuale di voto un po’ superiore al 21% a livello nazionale, ma in alcuni dipartimenti ha realizzato meno del 10%, mentre in altri è arrivata al 35%. Da cosa dipende questa variabilità?
Una semplice analisi di correlazione fra le percentuali di voto e le condizioni socioeconomiche ci mostra che dove il tasso di disoccupazione è più alto Marine Le Pen ottiene in generale risultati migliori. Questa correlazione spiega più o meno un terzo della varianza del voto per Marine Le Pen. Il PIL pro capite, calcolato a parità di potere d’acquisto, è anch’esso correlato con il voto per il Front National, ma la correlazione è negativa: nei dipartimenti relativamente più poveri i risultati del FN sono generalmente migliori. Al contempo, non si osserva alcuna correlazione fra tasso d’immigrazione e risultati del FN. Ciò suggerisce che forse nelle scelte elettorali dei francesi la dimensione economica ha un peso più rilevante rispetto alla questione dell’immigrazione.
Figura 1: correlazione fra il voto per MLP e il tasso di disoccupazione, il PIL pro capite a parità di potere d’acquisto, e il saldo migratorio, per dipartimento.
Per approfondire questi risultati, è possibile studiare l’importanza relativa di questi tre indicatori nella spiegazione del voto, inserendoli congiuntamente in una analisi di regressione. Per ottenere risultati più solidi abbiamo ponderato le stime in base alla popolazione dei singoli dipartimenti.
Questi sono i risultati:
Tavola 1: Voto al primo turno per i quattro candidati e indicatori socio economici (in livelli)
Intanto, è interessante notare che il saldo migratorio netto non è statisticamente significativo. In altri termini, il tema dell’immigrazione non sembra aver determinato le scelte elettorali dei cittadini. Gli indicatori economici, al contrario, sono molto significativi nell’orientare gli elettori verso il Front National.
Più precisamente, questi indicatori spiegano molto bene anche il voto per Fillon e Macron, ma, in questo caso, con segno inverso! Più la popolazione è benestante, più tende a votare per Fillon e Macron. Quanto a Mélenchon, non si trovano valori significativi (eccezion fatta per il tasso di disoccupazione, debolmente significativo al livello del 10%), il che potrebbe indicare che il voto per il candidato degli Insoumis è determinato da altri fattori, estranei all’ambito della nostra analisi.
Gli indicatori economici invece spiegano molto bene i risultati al primo turno della Le Pen e di Macron, ma con correlazioni opposte: più elevata è la disoccupazione, migliori sono i risultati della Le Pen (e peggiori quelli di Macron). Lo stesso accade, con segni inversi, per il PIL pro capite: più questo è elevato, peggiori sono i risultati della Le Pen. Per Macron vale il discorso inverso, e i risultati sono molto significativi statisticamente.
Risultati simili si osservano considerando non i livelli ma i tassi di variazione degli indicatori, ovvero utilizzando come variabili esplicative la variazione negli ultimi anni del tasso di disoccupazione, del saldo migratorio, e del reddito. La dinamica degli indicatori spiega una percentuale fra il 20% e il 25% della variabilità del voto per i due candidati principali. Dove i redditi sono cresciuti, si vota di più per Macron. Dove sono calati, gli elettori preferiscono la Le Pen. La variazione percentuale degli occupati è ancora più significativa: dove i posti di lavoro sono scomparsi, gli elettori si rivolgono alla Le Pen piuttosto che a Macron. Al contrario, se l’occupazione è aumentata, gli elettori preferiscono votare Macron.
Tavola 2: Il voto al primo turno per i quattro candidati principali e gli indicatori socioeconomici in tassi di variazione
Ancora una volta, si constata che l’indicatore riferito all’immigrazione non è significativo. Ciò conferma che il tema della xenofobia non è così importante come si crede. Se ne potrebbe anche trarre la conclusione che il tema dell’immigrazione non sarà quello più determinante nell’elezione del prossimo presidente della Repubblica. Le condizioni economiche sembrano esserlo molto di più. Ciò segnala anche quali priorità dovrebbe seguire chi otterrà la fiducia degli elettori fra qualche giorno.
Se è quindi evidente che le condizioni economiche sono state particolarmente influenti durante il primo turno, soprattutto per quanto riguarda la scelta fra Macron e Le Pen (ovviamente con segni opposti), si può ragionevolmente pensare che resteranno decisive nel secondo turno, in cui la scelta è solo fra i due candidati che personificano gli estremi opposti della polarizzazione economica nella Francia attuale.
Per tentare di prevedere il risultato del secondo turno, gli indicatori economici possono essere combinati in un indice di “difficoltà economica”, rilevato a livello di dipartimento. Si deve poi considerare che gli ultimi sondaggi danno Macron al 60% e la Le Pen al 40% su scala nazionale, e che ogni dipartmento ha un peso elettorale diverso.
Applicando questo metodo si prevede che il risultato finale dovrebbe essere una vittoria di Emmanuel Macron con il 59% dei voti, contro il 41% dei voti per Marine Le Pen. Escludendo i dipartimenti d’oltre mare, Macron vincerebbe in tutti i dipartimenti, con l’eccezione di Aisne, Ardennes, Ariège, Aube, Aude, Gard, Hérault, Nord, Pas-de-Calais, Pyrénées-Orientales, Tarn-et-Garonne, et Vosges, dove vincerebbe Marine Le Pen, e di Alpes-de-Haute-Provence, Vaucluse, et Haute-Corse, dove la differenza sarebbe minima e il risultato finale più difficile da definire.
Al di là delle previsioni elettorali, l’aspetto più importante è che le presidenziali 2017 riflettono più che mai la polarizzazione economica e sociale della Francia, un paese in cui è in corso un evidente processo di aumento della disuguaglianza.
Agénor