Perché il QE europeo è un diversivo (almeno in Italia). E perché potrebbe annientare l’euro

Charlie Brown 28 Maggio 2015

Giochiamo a unire i puntini.

Sono stati versati fiumi d’inchiostro per convincerci che il QE europeo è la Divina Provvidenza che toglierà il continente dai guai. Draghi ha annunciato che aumenterà il PIL italiano dell’1% nel 2016 (è curioso notare che la salvezza viene sempre annunciata per “l’anno prossimo” o “nel giro di due anni”).

Invece si è scritto pochissimo su come questa salvezza dovrebbe arrivare.

Tutto quel che sappiamo è che:

  1. Il QE dovrebbe far aumentare i prezzi;
  2. Il QE dovrebbe rinvigorire i flussi di credito;
  3. Il QE dovrebbe comunque, “in qualche modo” aiutare la crescita.

Quello che non ci viene detto è:

  1. Come il QE dovrebbe far aumentare i prezzi;
  2. Perché questo dovrebbe essere un fatto positivo;
  3. Come il QE dovrebbe tradursi in un aumento dei flussi di credito;
  4. Come il QE dovrebbe “comunque, in qualche modo” aiutare la crescita.

Penso sia nostro diritto avere risposte convincenti a tutte queste domande da parte dei gran Soloni dell’euro.

  1. Presupponendo che l’equazione MV=PQ sia ancora valida in una trappola della liquidità (seguiamo il filo logico dei Soloni e ipotizziamo di essere oggi all’interno della trappola, che ci teniamo perché riusciremo a uscirne prima o poi grazie alle riforme strutturali), allora con Q che ristagna a causa della debolezza della domanda di beni e V che non accelera, P può aumentare solo se aumenta M. Purtroppo M è la quantità di moneta e non la base monetaria, e il QE aumenta la base monetaria, non la quantità di moneta. Ci torniamo sotto, al punto (c).
  2. I Soloni dicono di desiderare ardentemente che la periferia, i cosiddetti PIIGS, operi una svalutazione interna per il suo stesso bene, così da diventare più competitiva. Sarebbe un’idea bella e buona (diciamo così), ma allora perché mai dovremmo desiderare che il QE alzi i prezzi nella grufolante periferia? Tutte le maschie e virili riforme dal lato dell’offerta, così coraggiosamente implementate dai Superman riformatori come alla Renzi, dovrebbero abbassare i prezzi in modo che, indipendentemente dall’accordo europeo di cambi fissi (oh cielo, chiedo scusa: “dall’unione monetaria”), i beni e i servizi italiani diventino più competitivi. Per aggirare il principio di non contraddizione, i Soloni sottolineano l’effetto del QE sul tasso di cambio dell’euro. Fermi tutti! La fede professata dai Soloni è che le svalutazioni competitive siano un veleno, siano il peccato originale che rende i paesi flaccidi, indisciplinati e non competitivi. Quindi passiamo da Aristotele a Budda. Fantastico.
  3. L’AD della seconda maggiore banca italiana ci sta dicendo che in Italia i flussi netti di credito non stanno aumentando. Dobbiamo guardare alle quantità totali di crediti, non solo ai crediti di nuova concessione. Questo perché molti imprenditori stanno accendendo prestiti a tassi quasi nulli solo per ripagare prestiti contratti in precedenza a tassi più alti. Io ho fatto la stessa cosa col mutuo della mia casa, quindi perché smaliziati imprenditori non dovrebbero approfittare anche loro di questo Eldorado di tassi bassi? Il signor G. ci sta dicendo che c’è ben poca richiesta netta di nuovi crediti bancari e che comunque i tassi attivi sono penosi. Perché non sta aumentando la domanda netta di prestiti all’economia italiana? Sarà forse perché, come Alberto continua incessantemente a dire, c’è una carenza di domanda reale, e gli effetti negativi del moltiplicatore keynesiano non possono essere annullati aumentando la liquidità potenziale? Nessuna risposta dai Soloni (anche se in tutta onestà dubito che capirebbero la domanda). In effetti perfino gli investimenti in titoli pubblici, con tassi prossimi a zero, diventano poco attraenti per le banche. L’unica maniera di fare soldi sarebbe quella di fare cassa vendendo i titoli di stato i cui prezzi sono saliti alle stelle a causa dell’aumento artificiale di domanda dovuto al QE (meno di un mese dopo l’intervista i mercati hanno sono sobbalzati rendendosi conto del rischio di una svendita a catena di titoli). L’effetto netto di quanto precede è che le banche italiane stanno fondamentalmente tesaurizzando liquidità.Poi c’è il piccolo dettaglio delle regole di Basilea II, Basilea III e, dulcis in fundo, dell’IFRS9.Basilea III e il nuovo “livello minimo di capitale” sono tecnicismi non facilmente comprensibili ma hanno tutti un unico obiettivo: aumentare drasticamente la base patrimoniale delle banche. Cosa completamente inutile in una crisi sistemica ma, come il signor G. ammette con lodevole candore nell’intervista di cui sopra, la vera ragione di tutta quest’urgenza nell’imporre regole è che le banche italiane sono caldamente “invitate” a ridurre le proprie esposizioni di circa 2000 miliardi di euro o a raccogliere nuovi capitali per circa 400 miliardi di euro. (Ehi! Forse ho sbagliato i numeri?! Perfino il signor G. ci sta dicendo che queste ipotesi sono totalmente irrealistiche e dovremo “accontentarci” di una riduzione delle esposizioni per 500 miliardi e che ci possiamo semplicemente scordare i 400 miliardi di nuovi capitali). Questo, cari signori, significa meno prestiti e altra liquidità accumulata, sotto forma di patrimonio netto.Passiamo ora alle nuove regole contabili. A causa della crisi di domanda indotta dall’euro – della quale nessuno salvo Alberto e pochi altri vogliono parlare – i flussi di cassa delle piccole e medie imprese italiane (PMI) si stanno prosciugando. Quel 30% (o meno) delle imprese italiane che hanno per breve tempo approfittato dell’aumento dell’export extra UE grazie agli effetti del QE sul tasso di cambio dell’euro, non fanno la parte del leone riguardo al PIL italiano poiché l’Italia è un mercato guidato dalla domanda interna. En passant, mi chiedo se qualcuno dei Soloni abbia notato che il dollaro ha ormai perso tutto il terreno che aveva guadagnato sull’euro da inizio anno e che l’infinita pacchia dei prezzi bassi del greggio non è più una certezza. In Italia la consistenza delle sofferenze bancarie ha toccato i 184 miliardi di euro che, a valori di libro, è il doppio della media europea. C’è poco da meravigliarsi: le PMI italiane (che come sappiamo tutti rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana) hanno sempre lavorato sempre pesantemente a leva, o piuttosto sottocapitalizzate. I prestiti bancari sono per loro la prima forma di finanziamento. Perciò quando le nuove regole contabili sugli strumenti finanziari – chiamate con il nome innocente di IFRS 9 – entreranno in vigore, i dati finanziari delle banche dovranno riavvicinarsi alla durezza del vivere. Questo perché le banche non dovranno riconoscere solo le perdite sui crediti già avvenute, ma anche quelle che ci si aspetta in futuro. Un sondaggio dice che l’aumento atteso sulle perdite da mettere a bilancio sarà del 50%. Questa stima sembra piuttosto realistica alla luce del portafoglio prestiti delle banche italiane alle PMI.Ed è una trappola: richiederà un sacco di nuovi capitali a spese di nuovi prestiti. Non ci sarà alcuna possibilità di aggirare il sistema con derivati fuori borsa il ricorso ai quali – in modo assolutamente corretto – viene escluso da Basilea III. Le nuove regole entreranno in vigore solo nel 2018 grazie alla Commissione UE che punta i piedi quando si tratta di implementarle. Le banche però non si limitano ad aspettare passivamente che le nuove regole diventino operative: cominciano a pianificare – e ad agire – con largo anticipo.Perciò sia il mercato reale (lato domanda) sia le regole bancarie e di contabilità (lato offerta) fanno come Cassandra: ci stanno dicendo che la maggior parte delle nuove riserve generate dal QE finirà per stazionare semplicemente nei bilanci delle banche. E come i troiani, i Soloni non stanno prestando alcuna attenzione, stregati ed entusiasti del loro nuovo grande bazooka.
  4. Questo punto è facile. Ci viene detto che:
    1. il QE convince le persone a comprare più cose prima che i prezzi salgano e che:
    2. prima o poi le nuove riserve arriveranno alle imprese e da lì alle tasche delle persone, e si ritorna a (i).

    Ecco qui, direttamente dalla fonte:

    “Gli acquisti di titoli forniscono uno stimolo monetario all’economia in un contesto dove i tassi di interesse chiave della BCE sono al loro limite inferiore. Essi allentano ulteriormente le condizioni monetarie e finanziarie, rendendo l’accesso al finanziamento più conveniente per le imprese e le famiglie. Questo tende a sostenere gli investimenti e i consumi e, infine, contribuisce a un ritorno dei tassi d’inflazione verso il 2%”.

    Ma unendo i puntini abbiamo visto abbastanza chiaramente che una simile convinzione è una pura fantasticheria nell’Eurolandia di oggi.

Così ci ritroviamo con un sacco di promesse e nessuna risposta sul perché dovremmo crederci.

Io per esempio non ci credo. In effetti, sostengo che il QE sia un diversivo. I suoi reali obiettivi sono ritardare la disgregazione della struttura disfunzionale dell’euro e ritardare il giorno del giudizio per i Soloni.

Fra l’altro, ci sarebbe anche un altro dettaglio: la piccola “questione tecnica” della garanzia all’80% da parte degli stati membri.

La BCE non crea riserve: fa in modo che sia la singola banca centrale nazionale a crearle. Con il QE europeo queste banche centrali nazionali stanno garantendo la maggior parte dei loro acquisti “europei” di titoli nazionali con le loro riserve di oro e di valute straniere e con le future tasse dei loro paesi. Prendiamo ad esempio l’Italia. Poiché questi titoli italiani comprati con il QE sono tra gli attivi del bilancio di Banca d’Italia e le nuove riserve sono tra i passivi dello stesso bilancio, questi stessi titoli garantiscono la maggior parte delle nuove riserve generate dal QE. Questo alla fine significa che i contribuenti italiani stanno garantendo le nuove riserve generate dal QE con l’oro italiano e con le future tasse pagate dagli italiani. Il che è esattamente quanto succedeva prima del tanto sbandierato divorzio tra il Tesoro italiano e la Banca d’Italia, a parte il fatto decisivo che a quel tempo lo stesso Tesoro e la Banca d’Italia erano liberi di emettere nuovi titoli e stampare altra moneta perché erano loro a controllare la politica monetaria e fiscale (mentre ora queste sono in mano ai Soloni).

Allo stesso modo i francesi garantiscono il QE francese con l’oro della Francia e le future tasse francesi (mentre la Francia non ha alcun controllo sulla propria politica monetaria e ha poco controllo sulla propria politica fiscale), e così via per ogni membro del “Unione”.

Poiché l’Euro, ci dicono, non è un accordo di cambio ma la moneta comune degli Stati Uniti di Europa (Super QE Mario ce ne ha assicurato l’”irreversibilità”), quanto precede è come dire che la Fed di New York garantirà gli asset del QE comprati dalle banche di New York con oro detenuto dallo stato di New York, che la Fed di Kansas City garantirà le nuove riserve della banca di Kansas City con l’oro dello stato del Kansas e così via… Una totale assurdità! Esiste un solo dollaro degli Stati Uniti e alla fine tutti i dollari e tutti i titoli sovrani degli Stati Uniti sono garantiti dal Tesoro USA (un mio amico indiano mi ha fatto notare che in realtà sono garantiti da Dio, dal momento che sulle banconote c’è scritto “In God We Trust”– scusate la digressione: non sono riuscito a trattenermi). So che in realtà la Fed ha comprato principalmente titoli marci teoricamente garantiti da attività, ma ci siamo capiti.

Quindi il punto che molti (ma non tutti) di noi mi sembra non afferrino è che il QE sta in realtà demolendo la struttura stessa dell’euro con un gioco di prestigio. Tramite il QE, la banca centrale italiana sta per lo più creando riserve bancarie italiane, non riserve “europee”. Questo avviene perché tali riserve non sono garantite dall’“Europa”. Sono invece garantite dall’oro italiano, dalle riserve italiane in dollari, sterline e yen, e dalle tasse che pagheranno in futuro gli italiani. Otteniamo riserve in euro, ma hanno tutta l’aria di riserve in ital-euro. Lasciatemi dire la parola proibita… l’Italia sta in realtà emettendo lire! Sfortunatamente (come J. Meadway rileva nel post di cui sopra) la Banca d’Italia non può stampare il proprio denaro per assicurare che queste riserve in lire saranno onorate.

Adoro le fiabe. Anche i Soloni le adorano. La loro vita è una fiaba! Si tratta dell’Antico Regno della Fantastica Eurolandia. In questa fiaba il re Giovanni (la BCE) ordina al suo sceriffo obbediente (la Banca d’Italia) di accumulare altri debiti in suo nome per costruire castelli e reclutare eserciti contro i ribelli (“garantire la stabilità dei prezzi e affrontare il rischio di conversione”). Ma il re consegna allo sceriffo solo qualche centesimo del Tesoro Reale. Quando il gioco si fa duro, l’unica cosa che può fare il povero sceriffo è spremere i compagni di Robin Hood con più tasse.

I Soloni forse pensano che tutto questo sia solo fantasia? Sembra di sì, se consideriamo quanto la BCE sia arzigogolatamente rilassata sull’argomento:

“Per quanto riguarda la condivisione di ipotetiche perdite, il Consiglio direttivo ha deciso che gli acquisti di titoli delle istituzioni europee (che saranno il 12% degli acquisti patrimoniali aggiuntivi, e che saranno acquistati dalle banche centrali nazionali) saranno soggetti a una condivisione delle perdite. Il resto degli acquisti patrimoniali aggiuntivi delle banche centrali nazionali non sarà soggetto a condivisione delle perdite. La BCE tratterrà l’8% degli acquisti patrimoniali aggiuntivi. Questo implica che il 20% degli acquisti patrimoniali aggiuntivi sarà soggetto a un regime di condivisione del rischio”.

Ora, per capire quanto siano “sicuri” i bond della periferia europea, occorre considerare che a metà maggio la Grecia non è stata in grado di rimborsare una rata dovuta al FMI con i propri flussi di cassa (ha dovuto attingere alle proprie riserve presso il FMI per pagare lo stesso FMI!) e il ministro delle finanze dell’Ucraina dice di non conoscere nemmeno i nomi di tutti i creditori del paese. E questo nonostante lei sia un ex funzionario del governo degli Stati Uniti!

Quindi mi sembra abbastanza evidente che, attraverso il QE, la BCE sta in realtà costringendo quei PIIGS dissoluti ad assumere sempre più rischi con la certezza che non ci sarà nessun salvagente. E questo sarebbe un comportamento “prudente” e “responsabile”? (Angela e Wolfgang potrebbero avere diversi pensieri ordo-liberali notturni riguardo a quest’ultima domanda). Super Mario probabilmente sa che il QE è un diversivo (grattare il fondo del barile: il QE aumenta anche gli ammanchi dei fondi pensionistici aziendali europei, soprattutto in Germania(!), poiché trascina al ribasso i tassi di interesse a lungo termine) e sta coprendo i suoi rischi professionali “dando lezione” ai suoi pari su come il QE sta lavorando bene nell’assicurare la “stabilità dei prezzi”, ma comporta anche un rischio reale di cattiva allocazione di risorse e… di instabilità finanziaria! Un ottimo esempio di come dare un colpo al cerchio e uno alla botte.

Junior ha finito di giocare a “unisci i puntini”, ma è profondamente scosso e non riesce a dormire:

“Mammina, mammina, non mi piace questo gioco di enigmistica sul QE europeo. Viene fuori la terrificante immagine di una crisi terminale dell’eurozona”.

Charlie Brown

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